martedì 28 febbraio 2017

Il mattoncino anarchico

Una manciata di giorni fa avevo preparato la bozza di un post in cui descrivevo la mia situazione di salute attuale, perchè nelle ultime settimane si è appesantita parecchio dal lato del dolore fisico. In soldoni, la terapia ormonale nuova (nuova si fa per dire, il letrozolo che ha preso il posto del Tam un anno fa) mi sta mettendo indirettamente fisicamente in ginocchio, e sto facendo accertamenti per capire se si può arrivare ad una soluzione che mi aiuti a vivere un po' meglio i quattro anni che ho ancora davanti di cura. Sempre che a caricare così violentemente non sia l'avanzare della malattia reumatica, il che mi mette davanti ad un percorso diverso. Ma non saprò nulla fino a metà marzo, quando avrò gli esiti degli esami in mano.
Non amo molto scrivere questo genere di post, e non so nemmeno perchè avessi preparato una manfrina del genere, ad essere sincera. Non so cosa mi spingesse a buttare lì una serie di dati di cui alla fine interessa solo a me. Di fatto un senso deve averlo avuto quando ho scritto quella pippa, fosse anche solo il volermi sentire per un po' il centro del mio mondo e cercare patpattate virtuali.
Ho scritto la mia bozza, l'ho riletta, ho avuto la sensazione di leggere un post qualsiasi di una blogger qualsiasi che ama sciorinare eternamente le sue magagne pietose, non l'ho sentita mia, non ho trovato un motivo valido per poi pubblicarla, e l'ho lasciata in standby.
E meno male, perchè dopo qualche giorno si è presentato un motivo valido per cancellarla del tutto. Come si dice, ubi maior, minor cessat. O meglio, "minor" lo mettiamo un po' in disparte per occuparci del più urgente "maior".

Giovedì scorso mia madre ha avuto la brillante idea di spezzarsi il polso destro (una frattura scomposta, perchè lei ricama ad ago il merletto col filo così sottile che Spiderman spostati, perciò le cose è abituata a farle proprio di fino-fino) , semplicemente cadendo a metà vialetto. Mattoncino non perfettamente allineato agli altri + bastone con donna ricurva al seguito (non il contrario) + osteoporosi = Mamigà pulisci di nuovo sangue, calma una madre con le convulsioni nervose, asciuga di nuovo lacrime di spavento, fatti aiutare a tirarla su e a sederla in auto, raccogli alla svelta il necessario, fai le capriole triplo carpiate per risolvere al volo il problema Power-at-school-and-then?-, ingoia la pasticca numero "ics" per impedire alle cervicali infiammate da tre giorni di farti svenire per strada, togli le ciabatte e metti le prime scarpe che capitano e fiondati al pronto soccorso. In quattro ore l'hanno visitata in PS, medicata (si è fatta un bucozzo sul mento assaggiando il mattoncino anarchico insurrezionalista... ma quanto cappero di sangue può uscire da un foro così piccolo su un punto del viso così insulso io proprio non me lo immaginavo :-O ), fotografata in radiologia, rivisitata in ortopedia, messa in trazione, ingessata, ri-fotografata in radiologia e rivisitata in ortopedia prima di dimetterla.
Prognosi: gesso per 35 giorni, controllo questo venerdì con radiografie e visita ortopedica per assicurarsi che la trazione sia stata sufficiente per avviare una guarigione corretta di ulna e radio. Se non lo è... sala operatoria.

Ora ha il braccio destro inservibile, con tutto ciò che ne consegue. Per lei. E per me che me ne occupo. Che in tutto questo, dal giorno in cui ha ricevuto la seconda diagnosi di cancro ed è stata operata al secondo intervento dopo meno di un mese (su cui non mi soffermo, perchè non tutto si può dire) fino a questa ennesima bastonata (più morale che fisica, perchè provate a mettervi nei suoi panni), ringrazio il cielo ogni giorno che:
  • -abitiamo a meno di 300 metri una dall'altra e posso occuparmene senza dovermi trasferire in pianta stabile, tranne quando le si alza la febbre (perchè io scusate, ma una donna di una certa età, che con un giramento di testa se mi cade sul pavimento rischia di spezzarsi un osso - come è successo anche prima di questo turno in sala gessi - quando ha la febbre col cavolo che la lascio da sola).
  • -non lavoro fuori casa
  • -non ho paura di niente tranne che delle bestie che strisciano e non mi fa schifo niente tranne gli animali morti sui cigli delle strade
  • -mio figlio è sufficientemente grande da adattarsi alle situazioni senza farne un dramma, anzi, quando può mi viene anche in supporto, per quanto può fare un tredicenne, e mio marito è l' Uomo che è e non un altro.
  • -mia madre con me non ha nessun pudore, nè per farsi curare fisicamente anche per le cose più intime, nè per togliersi la maschera di donna forte che si mette in pubblico e lasciar uscire tutto quello che ha dentro, piangendo.  E ultimamente l'ha fatto tanto. Tantissimo.  E si, io ringrazio anche per questo, perchè l'ho imparato crescendo mio figlio: quando capisci cosa passa nel cuore di una persona, è anche più facile capire di cosa ha bisogno e in che direzione provare a muoverti.

Di quello che mi/ci succede in questi ultimi mesi non parlo quasi con nessuno. Sul social soprattutto, non ne ho mai fatto parola. Non mi va. Non ne ho la forza, non lo ritengo necessario, non voglio.  E soprattutto io e mia madre vogliamo evitare a tutti i costi che queste cose arrivino all'orecchio della nonna, che ha 91 anni e vive in isola a più di 100km da qui, e gli anziani secondo me non vanno caricati di pesi oltre a quelli che già l'età gli dà da portare, quando è possibile. Tanto che in famiglia lo sanno solo una delle sue sorelle e la cugina con cui mi sento quasi tutti i giorni. E tra l' altro le persone che mi leggono qui e sanno chi sia realmente Mamigà e l'hanno vista in viso  le posso contare sulle dita di due mani, e avanza qualche dito. O forse la mano è addirittura una sola. E appunto, non tutto si può dire, non tutto si può esternare, non tutto si può, nel mio caso, anche sbloggare. Per un sacco di motivi. Un po' come fanno tutti, alla fine.

Ho passato la fase dello sconforto, a dicembre.
Ho passato la breve fase della rabbia, anche se ce n'è ancora in abbondanza, ma non di sicuro per le malattie.
E' in corso, da dicembre ormai, la fase attiva. Mio marito la chiama "la fase moglie-macchina da guerra".
Reggo. Rifuggo ciò che non è essenziale, in alcuni momenti mi rannicchio nel mio angolo per respirare e ricaricare le batterie tra i miei colori, i miei attivatori di positivo, i miei auto-regali per l'anima, i miei piccoli "ganci dall'alto". Finchè riesco ad immaginare, a creare, a vedere colori ovunque e a inventare modi sempre nuovi per dar loro forma ed espressione, va tutto bene.

Ma c'è che sono anche tanto, tanto stanca.








2 commenti:

Livia ha detto...

Aaaaah le sfighe vengono a grappolo certe volte, porella tua madre che spavento :(
Il post rimasto in bozza forse era un modo per fare il punto della situazione. Nulla di male, se uno non si può sfogare manco sulla tastiera che fa? Ti risparmio ciò che mi è successo tra luglio e agosto 2014, ma dopo l'ho scritto sul diario. Forse non lo rileggerò più, ma quando ci vuole ci vuole.
Non ti esorto a stringere i denti e aver coraggio, già lo fai, quindi un bacione e basta.

Mamiga ha detto...

Grazie Livia, apprezzo. Non sai quanto.